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giovedì 29 marzo 2012

Rassegna stampa/2

Dal numero di marzo di "Noi" (mensile della provincia di Novara)



È oramai prassi (purtroppo) consolidata da parte di molte aziende, nei periodi di crisi, rinunciare ad investire nella formazione, considerata un’attività che non possa dare risultati certi che ne giustifichino l’investimento, e di conseguenza non indispensabile per l’attività dell’azienda.
            Si rischia però, così facendo, di rinunciare a gettare lo sguardo oltre il presente burrascoso, a cercare una base solida da cui ripartire, limitandosi a rimanere a galla nel momento critico, navigando a vista.
            Tuttavia esistono importanti realtà che hanno fatto della formazione, ed in particolare dello sviluppo delle competenze delle “risorse umane”, ma sarebbe più corretto dire delle intelligenze, la loro mission.
            Una realtà, operativa da ben 25 anni nel Centro-Nord Italia, ed in procinto di indirizzare la propria attività nel Novarese e VCO, è lo Studio Vinci, con sede a Rozzano (MI), il cui motto, molto significativo, è “vinci facendoli vincere”, poiché è proprio l’intelligenza della persona, come si è detto, la vera risorsa su cui concentrare sforzi ed attenzione per rendere possibile il successo.
            Fondatore e titolare di Studio Vinci è Roberto Maria Rigati, milanese, una laurea in Scienze Politiche, Coach e manager di lungo corso con grande esperienza nell’ambito delle Human Resources, prossimo a proporre un modello assolutamente innovativo, ad efficacia programmata, per lo sviluppo manageriale, denominato TiPERSEI.
            E ai lettori di NOI rivela le caratteristiche peculiari di questo nuovo metodo.
  
1) Dott. Rigati, dopo più di 25 anni d’esperienza nell’ambito del management delle Risorse Umane, può spiegare ai lettori di NOI l’importanza del lavoro di Studio Vinci?
Da sempre lavoriamo sulle potenzialità inespresse delle persone, soprattutto manager, convinti come siamo che le loro intelligenze, i loro valori, le loro emozioni siano il tesoro nascosto a cui attingere per rimanere competitivi. Siamo rimasti fedeli alla nostra filosofia, nel proporre solo contenuti con solide basi scientifiche, affinando via via i metodi per trasferirli alle persone.

2) Vinci ha elaborato TiPERSEI, un metodo rivoluzionario ad “efficacia programmata” per lo sviluppo manageriale. Ci può descrivere in che cosa consiste questo metodo e quali sono i suoi punti di forza?
Anzitutto, non è stato elaborato solo da Vinci, ma anche dai clienti che hanno collaborato nella sua progressiva messa a punto, in quattro anni di sperimentazione. Esso trasforma la formazione classica in una serie di brevi riunioni di lavoro, attraverso un uso – ad intensità variabile – delle tecniche di coaching di gruppo.
La sua struttura di base consiste in sei tappe, in un affinamento progressivo nelle abilità delle persone, nel rispetto della personalità e delle caratteristiche dei singoli. E’ un approccio che agisce simultaneamente su due livelli: uno sociale, il gruppo discente, e uno individuale, costituito dagli individui che lo compongono.

3) Quali sono le sei tappe di questo metodo?
Sull’argomento scriverò un manuale di almeno cento pagine… ma in sintesi estrema si può riassumerle come segue.
Sin dalla progettazione dell’intervento (“T1”), dettagliamo insieme al cliente i comportamenti “comportamenti-bersaglio” che si devono poter osservare a formazione avvenuta; ciò consente sia di monitorare la reale efficacia dell’intervento formativo, sia di incoraggiare, “dopo”, i comportamenti desiderati. Con il secondo elemento (“T2”) prevediamo gruppi di formazione di non più di sei, sette persone, trasformando un’esposizione teorica, per quanto interattiva, in una vera riunione di lavoro, guidata da un coach anziché da un formatore classico.  Queste riunioni (“T3”) non durano mai più di mezza giornata, con una precisa scaletta di base al cui termine ciascuno s’impegna con il gruppo a sperimentare, in vista della riunione successiva (qualche settimana dopo) quanto condiviso. E’ prevista una forma di tutorship (“T4”) da parte del coach tra una sessione e l’altra, per raccogliere le esperienze che i suoi componenti stanno accumulando, le loro domande e perplessità, e stimolarli ad applicare i metodi che stanno apprendendo.
In un altro momento fondamentale di ogni riunione (“T5”), si chiede al gruppo di elaborare le modalità concrete con le quali applicare da subito nella loro realtà quotidiana – e con lo “stile naturale” di ognuno -  le tecniche appena apprese. Come già detto ogni riunione termina con l’impegno di ciascuno a sperimentare quanto appreso in vista della successiva. Quindi, a partire dalla seconda, ogni sessione si apre con la messa in comune delle esperienze accumulate nel frattempo (“T6”). E’ questo che fa circolare le esperienze, ma soprattutto valorizza i successi e trasforma gli errori in esperienze, evitando l’effetto demotivante dei propri sbagli con la guida del coach.

4) TiPERSEI è frutto della sua lunga ed importante esperienza manageriale. Come è giunto alla formulazione di questo metodo?

Cosa ci si deve attendere dalla formazione, se non un reale cambiamento in termini di atteggiamenti e comportamenti professionali? Chi ha partecipato a un corso di formazione lo sa bene: è raro che chi lo ha gestito non sia riuscito ad ottenere la comprensione, ma il difficile viene dopo: infatti tocca a chi vi ha preso parte “tradurre” i contenuti appresi nella propria realtà concreta e con modalità personali; e la formazione classica, a questo punto, abbandona la persona a sé stessa in un ambiente che, di norma, non la incoraggia ad assumere comportamenti diversi dai precedenti. Insomma si rimane esposti alla demotivazione da insuccesso, che nasce dalla naturale maldestrezza di chi, pur convinto e magari entusiasta, sta ancora cercando la propria strada per applicare quanto appreso in teoria. TiPERSEI è quindi una risposta a una duplice necessità della formazione attuale: quella di limitarne il disagio nella normale operatività delle persone coinvolte, ma soprattutto di aumentarne vigorosamente l’efficacia, sul piano dei risultati. Sin dai primi anni 2000 cercavamo questa risposta, e dal 2008 abbiamo iniziato a elaborarla.


5) Tale metodo andrà a sostituire o ad affiancare la cosiddetta “vecchia maniera” di fare Formazione?
Se si parla di formazione puramente tecnica, credo che i metodi didattici in uso manterranno una loro validità nel tempo, sia pure affinandosi anche grazie alla tecnologia.  Ma se invece parliamo di formazione comportamentale, sulle competenze trasversali alle diverse funzioni aziendali, la formazione classica sta già la sciando il posto a metodi e tecniche di coaching di gruppo, sotto varie formule.

6) Il curriculum di Studio Vinci rappresenta un ottimo biglietto da visita per la serietà e la competenza dei servizi erogati in 25 anni di lavoro. Ritiene che potrà essere recepita facilmente la forte carica innovativa di TiPERSEI da parte delle aziende e di tutti coloro che necessitano di consulenza in chiave formativa?
Sino a questo momento abbiamo intervistato un centinaio di manager di varie aziende che ancora non ci conoscevano, e non ne abbiamo ancora incontrato uno solo che non ne apprezzasse i vantaggi.

7) Domanda secca: in piena crisi economica, si sente ancora l’esigenza di investire in Formazione e nello sviluppo manageriale?
Indubbiamente. Ciò che frena l’investimento non è l’assenza di una necessità che invece è molto sentita, ma la perplessità sull’efficacia – e talora sul costo - degli strumenti usati sino a oggi.

8) Studio Vinci opera da tempo su un vasto territorio ed è in procinto di concentrare la propria attività anche e Novara e nel Piemonte Orientale. Vuole lanciare un messaggio agli imprenditori e alle aziende novaresi in modo che possano cogliere appieno la grande carica innovativa del metodo TiPERSEI?
Pensiamo che sia un territorio ricco di iniziativa, in cui molte aziende potrebbero avvantaggiarsi in termini competitivi se disponessero di metodi davvero efficaci per un vero salto di qualità sul piano manageriale. TiPERSEI può essere per loro un’opportunità per duraturi e rapidi risultati, con un investimento tutto sommato davvero modesto.

(Matteo Trucco)

Rassegna stampa/1

Dal numero di febbraio de "L'Impresa"


FORMAZIONE
Dal Coaching un metodo per migliorare la performance
Le tecniche più innovative tendono ad accompagnare il soggetto nel suo agire pratico, durante e dopo il percorso
A cura di Paola Stringa  |  16 febbraio 2012
Identificazione dei traguardi, gruppi di poche persone, riunioni di almeno 3 ore a settimana, tutorship di monitoraggio, traduzione personale, trasformazione in esperienza. Il metodo Tipersei è l'ultima frontiera del coaching formativo, ossia un sistema rivoluzionario per rendere più efficace la performance sia individuale, sia all'interno di un gruppo.

Tipersei è nato dalla progressiva elaborazione di metodi didattici e motivazionali e si configura come un risposta alle domande della formazione attuale che sono la necessità di aumentare vigorosamente l'efficacia formativa sul piano dei risultati e la necessità di limitare gli effetti sulla normale operatività delle persone coinvolte.

Chi la pratica, come lo Studio Vinci, ritiene infatti che troppo spesso la formazione classica tenda ad abbandonare la persona a se stessa nell'ambiente professionale, dove di norma, essa si trova ad agire con comportamenti che non sono diversi dai precedenti. Le tecniche di coaching più innovative, al contrario, oltre a sviluppare competenze, tendono ad accompagnare il soggetto durante e dopo il percorso, all'interno dell'azienda.

"Monitorare costantemente l'avanzamento dei lavori attraverso la tutorship e aiutare il manager a elaborare gli apprendimenti ricevuti trasformandoli in esperienza, evitando l'effetto demotivante: questo è il compito di un moderno coach" dice Roberto Maria Rigati, managing director della Vinci, sperimentatore del metodo Tipersei.


(Paola Stringa)



lunedì 12 marzo 2012

Parla una nostra cliente affezionata




Il metodo TiPERSEI, UNA TESTIMONIANZA

Il metodo “TiPERSEI”, come oggi lo conosciamo, è il frutto di quattro anni di sperimentazione. Come Studio VINCI la nostra gratitudine va quindi ai clienti che, a partire dal 2008, hanno creduto nel progetto, ed hanno accettato di lavorare con noi nella progressiva messa a punto del modello e dei suoi strumenti.
Tra questi clienti, un posto d’onore è stato occupato certamente da AIM Travel – agenzia di viaggi del gruppo AIM – che nel biennio 2008-2009 ha costituito la maggior “palestra” nella quale cimentarci con il nuovo metodo.
Abbiamo intervistato Marzia Folegani, all’epoca Managing Director di AIM Travel e nostra principale committente.

D.: Dottoressa Folegani, nel biennio 2008-2009 abbiamo portato avanti due grossi progetti, sul modello che poi avrebbe dato vita a “TiPERSEI”: può descriverli ai nostri lettori, dal suo punto di vista di committente?

R.: Sì, uno era rivolto a dodici persone che avevamo selezionato per rivestire ruoli commerciali o di coordinamento commerciale. Il secondo invece coinvolgeva l’intero gruppo dirigente, sei persone per quanto concerneva AIM Travel – tra le quali io stessa - ed era focalizzato sui comportamenti quotidiani da declinare nella gestione dei collaboratori. In ambedue le esperienze, abbiamo progettato un percorso di formazione attraverso riunioni brevi – di mezza giornata – intervallate da qualche settimana di lavoro normale, integrate da percorsi di coaching individuale. Fu prevista sin dall’inizio l’identificazione dei comportamenti-bersaglio – sui quali venne poi strutturato il programma – insieme a una tutorship da parte del coach. Importante sottolineare che, all’interno di ogni riunione, il tempo dedicato alla teoria era limitato al massimo, per lasciare spazio alla sperimentazione e al dibattito, e che tra una riunione e l’altra ogni partecipante doveva impegnarsi nei “compiti a casa”, in termini di sperimentazione pratica di quanto appreso. Inoltre, la grande maggioranza delle riunioni coinvolgeva piccoli gruppi – da cinque a sei persone al massimo.

D.:  A parte le due diverse “popolazioni” e – ovviamente – i diversi obiettivi, quali furono le differenze di metodo tra i due progetti?

R.: Direi che la differenza maggiore fu nel reclutamento dei partecipanti. Mentre nel primo caso ci rivolgemmo a persone di elevato potenziale, lasciandole completamente libere di scegliere se proseguire nel percorso formativo o interromperlo, nel secondo caso tutti i manager del gruppo, senza eccezione, vennero invitati a partecipare. E’ significativo osservare che il successo fu notevole per entrambi, ma superiore nel progetto dei commerciali: su dodici persone, ben otto raggiunsero gli ambiziosi obiettivi che avevamo loro assegnato, e tutti e dodici scelsero di portare a termine il progetto di formazione.

D.: Quali erano questi ambiziosi obiettivi cui ha fatto cenno?

R.: Sarebbe lungo elencarli nel dettaglio, ma in estrema sintesi si trattava di obiettivi qualitativi, che inquadravano il loro effettivo impadronimento del nuovo ruolo: commerciale per alcuni, di coordinamento per altri.

D.: Per rimanere a questo progetto di sviluppo dei candidati a ruoli commerciali, dottoressa, che cosa ha potuto apprezzare in modo particolare, da committente?

R.: Anzitutto un decisivo gap di efficacia rispetto a un percorso di formazione tradizionale. Un gap che ho avuto modo di misurare.

D.: “Misurare”?

R.: Si, proprio misurare. Identificati alcuni parametri cognitivi e comportamentali di efficacia, che dovevano essere stimati con una metrica da uno a sette, essi venivano poi ponderati tra loro per ricavarne un punteggio generale di efficacia. Ottenuto questo valore, esso veniva incrociato con il costo della partecipazione (in termini di costo “vivo” ma anche di tempo che le singole persone trascorrevano in sala riunioni), per ricavarne infine un valore che identificava il rapporto costi/benefici. Siccome nello stesso periodo stavamo erogando corsi tradizionali a personale impiegatizio su temi quali il time management, ebbi la possibilità di porre a confronto il metodo che ora chiamate “TiPERSEI” con la formazione tradizionale. Il risultato fu davvero sorprendente.

D.: Cioè?

R.: Il valore dell’efficacia per unità di costo di TiPERSEI risultò quadruplo rispetto alla formazione tradizionale. Fu proprio questo risultato che ci indusse a proseguire con entusiasmo la sperimentazione con lo Studio Vinci.

D.: A cosa si sente di attribuire questa differenza di efficacia?

R.: Anzitutto va detto che se si considera un valore di costo che comprenda il tempo delle persone coinvolte nel progetto formativo, la differenza di costo diventa sostanzialmente irrilevante. E’ quindi proprio un gap di pura efficacia. Difficile misurare quali accorgimenti tecnici di TiPERSEI contribuiscano maggiormente alla sua efficacia, ma la mia sensazione è che sia molto importante la sinergia tra il coaching individuale, i momenti collettivi di riunione e la tutorship continua da parte del coach. A proposito di quest’ultima, essa fu preziosissima, perché da un lato ci consentì di cogliere i segnali deboli che provenivano dalla popolazione coinvolta, dall’altro rappresentò un valido strumento di riscontro dell’efficacia in corso d’opera. Fu grazie ad essa che potemmo correggere leggermente, ma con tempestività, il programma, in modo da garantire la massima efficacia nonostante qualche errore di valutazione iniziale.

D.: Questo mi sembra un punto degno di approfondimento.

R.:  Mi riferisco in particolare al fatto che dopo le primissime riunioni emerse con chiarezza come molti partecipanti avevano una sorta di blocco psicologico verso l’idea di vendita. E’ un fenomeno abbastanza diffuso in Italia, probabilmente di origine culturale: produrre è percepito come attività nobile, vendere invece è visto come un’attività in qualche modo ai confini dell’etica professionale. Proprio in virtù dell’attività di controllo del coach in quanto tutor potemmo apprezzare il fenomeno, affrontarlo per tempo e porvi rimedio durante le riunioni e i coaching. Ovviamente, in un corso di formazione tradizionale, che ha luogo in un paio di giornate d’aula consecutive, ciò è molto più difficile. E’ significativo che, alla fine del percorso formativo, furono proprio le persone che avevano palesato maggiori perplessità di carattere etico ad essere le più entusiaste ed efficaci nel proprio ruolo commerciale.

D.: Come giudica, in termini di efficacia, il fatto di aver precisato sin dalla fase di progettazione i comportamenti/bersaglio in termini di obiettivi?

R.: Fondamentale. L’aver precisato nel dettaglio i comportamenti che ci attendevamo di osservare ex post conferì all’intero progetto un pragmatismo particolare, ma soprattutto costituì una vera e propria bussola, mettendoci nelle condizioni di stilare una tabella di marcia che permise di oggettivare la stima dell’efficacia.

D.: Passiamo ora all’altro progetto, quello che la vide coinvolta non solo come committente, ma anche come coachee – nel senso di utente, sia di sessioni di coaching individuale, sia di coaching di gruppo. Mi riferisco al percorso sul people management cui lei ha già fatto cenno. 

R.: Anche qui, il gap di efficacia rispetto alla formazione tradizionale superò il rapporto di uno a tre. Ma l’azienda se ne avvantaggiò sotto molti aspetti. Per esempio, assistemmo a un crollo del turnover del personale, con evidenti vantaggi in termini di costi. Il clima, la motivazione e l’efficienza delle divisioni produttive, che da anni rappresentavano un problema organizzativo notevole,  cambiarono radicalmente nel giro di 12 mesi, con un effetto che si rivelò tra l’altro duraturo nel tempo. Del resto non deve sorprendere più che tanto, se si pensa che clima, motivazione ed efficacia di un gruppo di lavoro dipendono, anzitutto, dalle scelte, dagli atteggiamenti e dai comportamenti manageriali di chi lo conduce.

D.: Ecco dottoressa, in questo secondo progetto lei, come dicevamo, ha potuto prendere parte direttamente. Che cosa ne ha potuto apprezzare, da utente?

R.: Beh, mi ha consentito di maturare la comprensione di una serie di fenomeni sociali, dei quali avevo in precedenza delle sensazioni, delle intuizioni diciamo, ma anche delle domande che erano sino a quel momento rimaste senza una risposta chiara. Poi devo dire che alcuni contenuti rappresentarono delle vere e proprie illuminazioni. Mi riferisco per esempio alla differenza tra la leadership dissonante e quella risonante, o all’analisi delle responsabilità rispetto alle proprie aree di influenza e di controllo.

D.: Che bilancio si sente di trarre, in sintesi estrema, da quei due anni di sperimentazione del metodo TiPERSEI?

R.: Fu un’esperienza straordinariamente positiva, che diede grossissime soddisfazioni a noi, voglio dire al gruppo di lavoro costituito da me come committente e dagli specialisti dello Studio Vinci, ma anche alle persone che coinvolgemmo nei due progetti di sviluppo.
Devo dire che per quanto riguarda loro, probabilmente il lascito migliore fu costituito dall’aver conquistato un superiore grado di consapevolezza dei propri mezzi, attraverso un netto miglioramento dell’autoefficacia.