La tecnica del "fattore K"
Con questo post inauguriamo la rubrica "pillole di coaching di gruppo" - tecniche utili per trainer e coach. Tutti i contributi sono originali, e tratti dal "Manuale di coaching di gruppo" che pubblicheremo a breve.
Questa
tecnica consiste nel rendere evidente al gruppo che il concentrarsi su cause
esterne al proprio campo d’azione, per quanto possa essere consolatorio (è più
facile commiserarsi che agire) non porta da nessuna parte.
I
passaggi di questa tecnica sono i seguenti.
a)
chiarire bene al gruppo il concetto di area di controllo (quella che raggruppa
tutte le attività delle quali il gruppo o la singola persona è unicamente
responsabile) e area di influenza (quella delle attività sulle quali non si ha
un controllo assoluto, ma sulle quali si può influire collaborando con altri).
Tracciare uno schema alla lavagna, come in figura 1).
Figura 1 – Tecnica del fattore K
– Area di controllo ed area di influenza
b)
Sottoporre al gruppo il caso che un evento “X” indesiderato (per esempio, un
cliente che reclama, un collaboratore che eccede in assenteismo), si manifesti
nell’area di influenza o di controllo. Indicarlo alla lavagna (figura 2).
Figura 2 – Tecnica del fattore
K – Evento indesiderato “x”
c)
Far osservare come, se ci si concentra sulle cause immediate, sarà molto facile
trovare una causa “y”, sempre nell’area di influenza ma più lontana dal centro,
la quale a sua volta è causata da un fattore “k”, stavolta esterno all’area di
influenza. Completare lo schema come in figura 3.
Figura 3 – Tecnica del fattore K – Cause dell’evento “x”
d)
Far emergere maieuticamente dal gruppo che a questo punto esistono tre tipi
possibili di comportamento. Il primo, che possiamo definire
de-responsabilizzante, si contenta di stabilire che le cause di quanto avvenuto
non dipendono dalla persona in questione, la quale si sente autorizzata a non
far nulla, dicendo a sé stessa e al mondo “non è colpa mia, non posso farci
niente”. Il secondo, che possiamo definire responsabilizzante, il quale, pur
riconoscendo alla persona che la causa ultima è indipendente dal suo
comportamento, nondimeno afferma che essa può agire “a valle”, modificando il proprio
approccio, come minimo, verso le conseguenze di "K". Il terzo, che chiamiamo qui “strategico”,
consiste invece nel mettersi in contatto con coloro nella cui area di influenza
ricade il fattore “k”, per esplorare insieme quanto sia possibile fare per
prevenirne il ripetersi nel futuro.
e)
Far condividere che il comportamento de-responsabilizzante è il più comodo e
facile, ma anche che perpetuerà il ripetersi della stessa situazione nel
futuro. Far condividere al gruppo che -. Indipendentemente che si scelga il
comportamento responsabilizzante o quello strategico – sono gli altri due a
poter produrre dei risultati, e che tali risultati dipendono appunto da
comportamenti. Cioè da un mutamento qualitativo nella performance.
f) Far
emergere, maieuticamente, le analogie tra la situazione teorica disegnata alla
lavagna e quella reale del problema descritto dal gruppo in precedenza.