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giovedì 28 giugno 2012

Pillole di coaching di gruppo - 1


La tecnica del "fattore K"
Con questo post inauguriamo la rubrica "pillole di coaching di gruppo" - tecniche utili per trainer e coach. Tutti i contributi sono originali, e tratti dal "Manuale di coaching di gruppo" che pubblicheremo a breve.

Questa tecnica consiste nel rendere evidente al gruppo che il concentrarsi su cause esterne al proprio campo d’azione, per quanto possa essere consolatorio (è più facile commiserarsi che agire) non porta da nessuna parte.
I passaggi di questa tecnica sono i seguenti.
a) chiarire bene al gruppo il concetto di area di controllo (quella che raggruppa tutte le attività delle quali il gruppo o la singola persona è unicamente responsabile) e area di influenza (quella delle attività sulle quali non si ha un controllo assoluto, ma sulle quali si può influire collaborando con altri). Tracciare uno schema alla lavagna, come in figura 1).


Figura 1 – Tecnica del fattore K – Area di controllo ed area di    influenza
b) Sottoporre al gruppo il caso che un evento “X” indesiderato (per esempio, un cliente che reclama, un collaboratore che eccede in assenteismo), si manifesti nell’area di influenza o di controllo. Indicarlo alla lavagna (figura 2).



Figura 2 – Tecnica del fattore K – Evento indesiderato “x”
c) Far osservare come, se ci si concentra sulle cause immediate, sarà molto facile trovare una causa “y”, sempre nell’area di influenza ma più lontana dal centro, la quale a sua volta è causata da un fattore “k”, stavolta esterno all’area di influenza. Completare lo schema come in figura 3.

                    Figura 3 – Tecnica del fattore K – Cause dell’evento “x”

d) Far emergere maieuticamente dal gruppo che a questo punto esistono tre tipi possibili di comportamento. Il primo, che possiamo definire de-responsabilizzante, si contenta di stabilire che le cause di quanto avvenuto non dipendono dalla persona in questione, la quale si sente autorizzata a non far nulla, dicendo a sé stessa e al mondo “non è colpa mia, non posso farci niente”. Il secondo, che possiamo definire responsabilizzante, il quale, pur riconoscendo alla persona che la causa ultima è indipendente dal suo comportamento, nondimeno afferma che essa può agire “a valle”, modificando il proprio approccio, come minimo, verso le  conseguenze di "K". Il terzo, che chiamiamo qui “strategico”, consiste invece nel mettersi in contatto con coloro nella cui area di influenza ricade il fattore “k”, per esplorare insieme quanto sia possibile fare per prevenirne il ripetersi nel futuro.
e) Far condividere che il comportamento de-responsabilizzante è il più comodo e facile, ma anche che perpetuerà il ripetersi della stessa situazione nel futuro. Far condividere al gruppo che -. Indipendentemente che si scelga il comportamento responsabilizzante o quello strategico – sono gli altri due a poter produrre dei risultati, e che tali risultati dipendono appunto da comportamenti. Cioè da un mutamento qualitativo nella performance.
f) Far emergere, maieuticamente, le analogie tra la situazione teorica disegnata alla lavagna e quella reale del problema descritto dal gruppo in precedenza.