AIUTARE IL GRUPPO A FOCALIZZARE
GLI OBIETTIVI
Con questo post proseguiamo la rubrica "pillole di coaching di gruppo" - tecniche utili per trainer e coach. Tutti i contributi sono originali, e tratti dal "Manuale di coaching di gruppo" che pubblicheremo a breve.
Vuoi conoscerci meglio? Vai al nostro sito: http://www.vinciconsulenza.it/.
Nel coaching di
gruppo occorre che, nell’ambito delimitato dagli obiettivi dell’azienda, il
gruppo trovi, immagini, sviluppi un obiettivo che sia davvero suo.
A questo
proposito, il coach non deve mai dimenticare che l’obiettivo dell’azienda
descrive il punto di vista aziendale su una problematica che – con ogni
probabilità – è sentita da tutti.
Per esempio, se
l’azienda vuole che i suoi manager divengano più attivi nell’immaginare e
proporre soluzioni, probabilmente loro – i manager – vorrebbero esattamente la
stessa cosa, solo che lo diranno in un modo diverso. Nella loro percezione
esisteranno degli ostacoli alla loro proattività, ostacoli che sino ad ora
hanno percepito come esterni alla loro area di controllo. Nondimeno, la pro
attività sarà già da loro percepita come una possibile area di miglioramento.
Tuttavia il concentrarsi
sui soli aspetti negativi della questione – quale essa sia – non porta da
nessuna parte.. Si corre il pericolo di veder contrapposta la visione
aziendale, per la quale probabilmente i manager sono stati sino ad ora parte
del problema, a quella dei manager stessi, secondo i quali – è quasi certo – la
causa sarà da individuare ovunque, ma non nei loro comportamenti.
Questa fase di
descrizione del problema al negativo è inevitabile, e occorre lasciare che il
gruppo si sfoghi. Ma bisogna ricondurlo con comprensione, ma con fermezza, ad
andare oltre, a definire la soluzione, più che a descrivere il problema. Queste
due facce del problem setting, una al negativo e una al positivo, sono quelle
che nel nostro gergo sono chiamate “funzione Alfa” e “funzione Omega”.
La funzione Alfa.
L’individuazione
di ogni obiettivo parte quasi sempre dalla constatazione che qualcosa non va
per il verso giusto. Dimagrire, smettere di fumare, avere collaboratori più
motivati: sono tutti obiettivi che partono dal presupposto che la situazione
attuale è, in qualche modo, insoddisfacente.
Infatti
l’enunciato degli obiettivi sarà del tipo: perdere dieci chili, non fumare più,
smettere di litigare, veder calare il conflitto interno, l’assenteismo o il
turnover del personale. Tutti obiettivi che, così come sono espressi, eliminano
un disagio. Lo dicono le parole chiave: “perdere” (dieci chili), “non”
(fumare), “smettere” (di litigare), “veder calare” (il conflitto, l’assenteismo
o il turnover).
Sono
espressioni che non descrivono un futuro migliore, bensì un futuro “meno
peggio”, più sopportabile; un futuro che non scalda il cuore, che non dà gioia,
ma soltanto sollievo, al massimo.
E’ il motivo
per il quale tante diete vengono abbandonate, tanti ricominciano a fumare, e
così via.
La funzione Alfa è quindi la descrizione
degli obiettivi sotto forma di contrapposizione a un problema esistente. Una
descrizione al negativo.
La funzione Omega.
La funzione Omega va oltre: può spiegare
perché la situazione attuale è poco soddisfacente, ma non si ferma a questo.
Siccome ogni insoddisfazione è tale per confronto tra la realtà e un ideale
desiderato o desiderabile, la funzione Omega si
concentra proprio su questo: sull’ideale, sui desideri.
Si può dire che
la funzione Omega
dà voce al sogno. Così il dimagrire si
trasforma nell’essere più agili e seducenti, nell’indossare il costume da bagno
con fierezza; il non fumare diventa respirare a pieni polmoni, potersi dedicare
di nuovo alle passeggiate in alta montagna, immaginare un’esistenza più sana e
longeva. Veder calare il conflitto si tramuta in un clima disteso,
collaborativo, partecipe, magari entusiasta.
La funzione Omega però, per non rimanere una
semplice petizione di principio, necessita di essere precisata nei
dettagli. Il cervello ha bisogno, per
trasformare un pensiero “freddo” in emozioni, di immagini, di suoni, di sensazioni.
Ecco allora il coach che chiede ai coachee di immaginarsi snelli e scattanti:
com’è il costume da bagno? Dove sei? Chi ti può vedere? Perché ti senti fiera
di indossare quel bikini? C’è il sole? Fa caldo? Chiudi gli occhi e senti il
sole sulla pelle. Siediti e “senti” la snellezza dei tuoi fianchi, del ventre.
Hai i polmoni
liberi, prova con l’immaginazione a inspirare: cosa senti? Sei in montagna,
ascolta l’aria fresca penetrare nei bronchi fino in fondo. Stai inerpicandoti
per un ripido sentiero di montagna, senti il respiro profondo e regolare,
silenzioso. Alla fine della salita sei stanco, ma di una stanchezza “sana”:
descrivi le sensazioni che ti dà.
Entrate la
mattina in ufficio, e sentite subito che il clima è disteso. Perché? Come vedete
i collaboratori? Cosa dicono? Come si comportano? Vengono a salutarvi? Sorridono tra di loro? Proseguite
nella descrizione della giornata.
Ora, il coach
non può pretendere che il gruppo, da subito, si metta a galoppare sui sentieri
del sogno. E’ quindi inevitabile che, di fronte alla richiesta del coach di
descrivere gli obiettivi, si passi attraverso una fase in cui emerge la funzione Alfa. In
sé, nulla di male, anzi: consente al gruppo di sbollire, e al coach di
dimostrare nei fatti che non è lì per giudicare bensì per dare empatia.
Permette di conoscere il problema con gli occhi del gruppo. E sono tutti
elementi preziosi.
Tuttavia è solo attraverso la funzione Omega, che
si raccolgono gli elementi indispensabili per la precisazione degli obiettivi:
quindi è alla funzione omega che il coach deve tendere.
Dopo aver lasciato “sfogare” il
gruppo sulla funzione Alfa, magari prendendo appunti alla lavagna, il coach
farà una pausa e dirà qualcosa come: “Ok, adesso sogniamo”, e darà le
istruzioni al gruppo per l’accesso alla funzione Omega.
In sintesi, dovrà dire:
a) “Questa che mi avete descritto è
la realtà attuale. Proponete di superare un problema attuale. Ma rimuovere un
ostacolo non è l’obiettivo: è ciò che consente di raggiungerlo. Ma l’obiettivo
in sé è un altro. Cerchiamo di
descrivere la situazione così come vorremmo che fosse a livello ideale…”
b) “Non preoccupiamoci per ora del
fatto che certi desideri ci possono sembrare irrealistici. Può essere, ma un
giudizio lo daremo poi, Ora elenchiamoli così come ci vengono. Descrivete la
situazione ideale come vorreste che fosse. Sognate pure.”
La descrizione puntuale dei dettagli
della funzione Omega può essere fatta in modi diversi: con un giro di tavolo in
cui ognuno esplicita i suoi sogni; con un libero brainstorming; oppure facendo
lavorare il gruppo in piccole commissioni di due o tre persone. Quello che conta è che alla fine la descrizione sia condivisa da
tutti, e che sia messa nero su bianco (ad esempio alla lavagna).
Ottenuta una descrizione dettagliata
della situazione ideale (funzione Omega), dovremo trasformarla in obiettivi. A
questo riguardo, va considerato che il
gruppo, per mantenere elevata la propria motivazione nel tempo – non si dimentichi
che il coaching proseguirà, sessione dopo sessione, per alcuni mesi – deve
poter toccare con mano qualche beneficio da subito, senza dover attendere il
raggiungimento dell’obiettivo finale. E deve trattarsi di un beneficio che
derivi direttamente dal lavoro del gruppo.
Dobbiamo quindi distinguere gli
obiettivi di breve periodo dall’obiettivo finale, rispetto al quale però,
devono essere chiaramente funzionali. Conviene quindi considerare le categorie
degli obiettivi di performance e degli obiettivi di risultato.
Spesso in azienda essi sono usati
come sinonimi, ma non è così: il risultato dipende dalle performance, ma non
vale l’inverso. Per comprendere meglio il concetto, si consideri un atleta
(poniamo, un saltatore in alto), e un musicista (per esempio un violinista).
L’atleta potrebbe avere come
obiettivo di risultato, quello di piazzarsi sul podio della prossima gara, fra
tre mesi, arrivando almeno terzo in classifica. Con l’allenatore, studiando i
risultati recenti degli altri concorrenti, sono arrivato alla conclusione che
ci sono ottime probabilità di piazzamento saltando almeno due metri e trenta.
Il record personale del nostro atleta, attualmente, è di due metri e
ventotto. L’obiettivo di performance
sarà di riuscire a saltare due metri e trentuno entro tre mesi. Si noti che l’obiettivo di performance, in questo caso, rende possibile il
raggiungimento dell’obiettivo di risultato (piazzarsi sul podio), ma non lo può
garantire, perché vi sono variabili non dipendenti dal comportamento
dell’atleta, come – banalmente – le performance degli altri concorrenti. Ciò
però non toglie che il miglioramento di performance del nostro atleta rimane necessario.
Vediamo ora il violinista.
Supponiamo che si tratti di un promettente giovanotto, che al prossimo saggio
del conservatorio vuole cimentarsi in una esecuzione impegnativa, al fine di
ottenere una buona valutazione da parte della commissione esaminatrice
(obiettivo di risultato). Per riuscirci, dovrà imparare a memoria il pezzo, e
provarlo e riprovarlo sino a che l’esecuzione non sarà perfetta dal punto di
vista tecnico. Ma potrebbe ancora non bastargli, e dopo aver imparato a
eseguire il pezzo in maniera ineccepibile, potrebbe volergli conferire una
interpretazione personale (prolungando molto la nota finale, giocando sul
volume acustico degli accordi, eccetera). Qui siamo davanti a svariati
obiettivi di performance: imparare a memoria il pezzo, saperlo eseguire
correttamente, interpretarlo in maniera personale. Anche in questo caso, il raggiungimento degli
obiettivi di performance non dà la garanzia assoluta del risultato (la
valutazione), ma costituisce l’unica
strada perché il giovane violinista possa sperare di ottenerlo.
Torniamo ora al nostro gruppo di
coaching. Senza mai perdere di vista il risultato finale, occorrerà concordare
insieme un certo numero di obiettivi di performance. Questo non soltanto per
una evidente ragione di ordine pratico (nessun risultato è possibile senza
performance), ma soprattutto per un motivo psicologico: fino a che i membri del
gruppo non ammetteranno che tutto ciò che possono fare per cambiare la
situazione è di modificare i propri comportamenti, rimarranno agganciati
alla funzione Alfa, seguitando ad elencare una serie di cause del problema che
non dipendono da loro (il mercato, la politica aziendale, le risorse a
disposizione, i concorrenti, la congiuntura economica, e così via).
E’ quindi precisando gli obiettivi
di performance, che il gruppo acquisisce la piena maturità e la vera
motivazione. Per aiutare il gruppo ad andare oltre la descrizione del problema,
una tecnica che abbiamo sperimentato con successo è quella che abbiamo chiamato
“del fattore K” e che già abbiamo visto nella “Pillola di coaching di gruppo”
numero 1.